sabato 29 dicembre 2007

germania e natale

Due pensieri che ho messo insieme nelle ultime settimane ma che non ho avuto tempo di comunicare per motivi tecnici.

Il mio viaggio in Germania, più in particolare nel Baden Wuttemberg, era programmato ormai da mesi, e da mesi non vedevo l'ora di rivedere le mie care amiche, Anne e Friederike. Dopo l'esperienza dell'Australia vissuta insieme ci eravamo riviste qui da me, in Toscana tra luglio e agosto. Subito dopo loro mi avevano invitato a dicembre da loro per vedere i famosi mercatini di Natale. Non sono partita molto eccitata a dire la verità: il Natale era alle porte e volevo vivermelo con calma a casa e con gli amici. Ma sono comunque partita. Devo dire che l'aeroporto di Francoforte Hahn è mooooolto lontano da Stoccarda, e questo assolutamente non lo sapevo, lo giuro! Lo avessi saputo avrei preso un altro volo low cost. Invece ho passato la domenica pomeriggio in macchina con Friederike e suo padre che mi erano venuti a prendere. Il giorno dopo e nei giorni seguenti lei doveva lavorare la mattina e frequentare la scuola di specializzazione per insegnanti il pomeriggio. Dire che mi sono sentita sola è poco! Certo i mercatini di Stoccarda erano belli, devo dire i più belli che abbia mai visto, e la città pure è molto bella, ma con la pioggia e la solitudine... Beh più volte in quei giorni mi sono chiesta chi me lo aveva fatto fare. Poi sono andata a finire la settimana a Karlsruhe, la città dove vive e studia Anne, e dove prima studiava Friederike. Lei per fortuna ha avuto più tempo per me, siamo uscite la sera, siamo andate a Colmar, in Alsazia, siamo andate a Heidelberg ecc... Ma la sensazione era veramente strana. Sia con Friederike che con Anne. Sentivo che erano mie amiche, ma più che altro sentivo che erano state mie amiche e che avevamo condiviso tantissimo un anno fa. Ma ora... Ora i nostri discorsi si concentravano sul passato tipo: "ti ricordi quella sera quando andammo a Fremantle a ballare...." ecc... Non abbiamo più cose da condividere purtroppo. E anche se ci raccontiamo la nostra vita attuale, l'altra persona non potrà mai capirla e condividerla. Non credo sia la fine della nostra amicizia questa, ma sono arrivata a credere una cosa che non avrei mai voluto credere prima, specialmente quando ci siamo lasciate a Sydney l'anno scorso. Che prima o poi smetteremo di farci visita, che le nostre strade si sono già divise e non si riuniranno più, e che non ha molto senso continuare a guardare al passato, per quanto esso sia mitico. Tutti questi pensieri li avevo nell'estenuante viaggio di ritorno. Un'ora in treno da Karlsruhe ad Heidelberg, 45 minuti di attesa lì, 2 ore in autobus fino a Francoforte Hahn, l'attesa tipica degli aeroporti, il volo, il ritardo, e 1 ora e 45 in treno da Pisa fino a casa. Sono arrivata a casa esausta e triste, e di certo quando uno fa un viaggio non si aspetta proprio di tornare in questo modo no??

L'altro pensiero riguarda il Natale, di come le generazioni successive alle mie lo vivono. Io sono cattolica praticante (per quanto questa definizione mi faccia schifo), ma vivo la religione con gioia, senza nessuna imposizione. Per me è un esperienza personale, che condivido con alcuni amici che considero fratelli, ma che non discrimina la mia amicizia con altre persone. Questo per dire che il Natale per me non è comprare o ricevere regali, quella sì che mi sembra un'imposizione! Io faccio il regalo a te, se te lo fai a me, però bisogna aver speso la stessa cifra, sennò uno ci rimane male... Ma dai! Ma chi ha scritto che se non spendo 20 euro per la mia amica non le voglio bene!
Insomma la notte di Natale vado in chiesa vestita normalissima, jeans, golf e scarpe da ginnastica. Tutti invece sono un po' più eleganti di me, ma la cosa non mi disturba. Ad un certo punto però arrivano le ragazzine dai 14 ai 17 anni. Sono tutte in tiro, gonna, tacchi, ogni oggetto firmato e nuovissimo. Questa cosa mi ha veramente messo una tristezza enorme. Il Natale per loro si è trasformato in un'ennesima occasione per spillare i soldi ai genitori, per farsi comprare pantaloni (che a me paiono osceni) a 150 o 200 euro, e via dicendo. Per di più appena arrivano cominciano a chiacchierare a più non posso. Io che come ho detto sono una che professa la libertà più assoluta le chiedo perché ci sono venute, se gli altri ovviamente continuavano a chiedere loro di stare zitte, perché andare in un posto dove non si può parlare e dove sicuramente la gente non apprezza il modo in cui ci si agghinda, meglio andare a fare una vasca per il corso no? Perché vengono ad una celebrazione se non gliene importa assolutamente niente? Vengono solo per sfoggiare le scarpe di prada, le cintole di gucci, e le borse di luis vuitton, e per di più hanno solo 14/17 anni!!! Io sono letteralmente scioccata!!! Dopo qualche minuto durante un canto vedo una che guarda intorno, nelle panche nei coretti, e dice all'altra "Peccato, il Corradi non c'è!", ah mi ero dimenticata che frequento la stessa parrocchia di Bernardo Corradi, il calciatore, e che prima che diventasse una celebrità lui si faceva vedere spesso sia alle messe "normali" che a quelle di Natale o Pasqua. Insomma andare alla messa di mezzanotte per loro voleva dire 1) sfoggiare la roba che mammina ha comprato loro, 2) cianciare bisbigliandosi nelle orecchie e 3) sperare che ci sia Bernardo Corradi e sperare che un fratello maggiore, o un amico della sua età glielo presenti. Terribile, terribile, ma perché non siete andate a ballare quella sera? Perché non siete nemmeno capaci di dire ai vostri genitori che non ve ne importa niente? Perché sennò vorrebbe dire essere ribelli, e magari mammina si rifiuterebbe di spendere tutti quei soldi per una borsa, una cintola o un paio di pantaloni. Beh bel ragionamento, brave!

lunedì 3 dicembre 2007

mettere la parola fine

Continua il mio viaggio introspettivo nel mondo delle amicizie virtuali. Questa volta spero di non dare giudizi, come purtroppo mi è capitato di fare in passato, giudizi che poi non hanno fatto altro che richiamarne altri. Oggi voglio solo parlare della mia esperienza come uno scienziato guarda al microscopio vetrini pieni di bachi. Anche in questo caso sembrerò un po' presuntuosa, ma che ci volete fare, uno l'obiettivo se lo pone, se poi non ci si fa... Beh almeno ci abbiamo provato. Ecco qui che vado a iniziare.
La mia lista dei contatti su Windows Live Messenger contiene diverse categorie di amici: ex compagne di scuola, ex coinquiline, compagne di università, amici del gruppo parrocchiale, compagne di viaggio e/o di esperienze all'estero come scambio culturale in USA e overseas in Australia ecc... Con molte di queste persone la conversazione è minima, o addirittura nulla. Con altre invece ci sentiamo spesso per diversi motivi, come il mettersi d'accordo per un incontro serale oppure semplicemente per sapere come stanno e fare due chiacchiere. Se lo scopo è chiedere domande precise, come "Quando ci sono le prove della commedia?", "Stasera esci?" o"Ma te quando preferisci andare a Spinning, il martedì o il lunedì?" è molto facile trovare un modo per concludere la conversazione, perchè essa finisce quando si esaurisce lo scopo per cui era stata iniziata, ovvero quando mi viene comunicato il giorno delle prove della commedia, se l'altra persona esce o no, oppure il giorno in cui vuole andare a spinning.
In altri casi invece la conclusione della chat è più complicata da trovare. Per le persone che non vedo mai soprattutto per motivi logistici, persone che vivono in Germania, Austria, Hong Kong, Singapore, Australia, Danimarca, o più semplicemente in un'altra città italiana, Messenger è l'unico mezzo che ho a disposizione per comunicare con loro. Attraverso Messenger quindi non ci scambiamo informazioni che complementano il nostro rapporto di vita quotidiana, fatto anche di incontri veri e propri, di telefonate e sms, ma ci mettiamo in relazione l'uno con l'altro. Con queste persone si potrebbe parlare all'infinito, o si potrebbe non parlare per niente, non ci sono mezze misure. E' proprio con loro che trovo più difficoltà a interrompere una conversazione. La soluzione adottata più frequentemente è quello di far morire la chat senza un vero e proprio saluto o senza una conclusione. Semplicemente entrambe le parti approvano un tacito accordo che li lascia liberi dall'impegno di dover rispondere al messaggio dell'altro, senza violare quel tabù che è la frase FINE DELLA CONVERSAZIONE. Devo ammettere che questa soluzione mi lascia sempre l'amaro in bocca, perché anche se continuo a studiare, a tradurre, o a giocare a Scarabeo su Facebook, rimane aperta quella finestrella così silenziosa e triste, finché non lascio il computer per fare altre cose o uscire. L'altra soluzione, quella da me adottata più di frequente, è di inventarmi una scusa che mi permettere di concludere lo scambio di informazioni, opinioni ecc... Così dico alla persona dall'altro capo del filo, se così si può dire, "scusa ma ora devo proprio andare mi stanno chiamando", "scusa ma ora mi devo rimettere a studiare", oppure scusa ma ora devo uscire sono in ritardissimo". A volte queste frasi corrispondono a verità, cioè mi stanno davvero chiamando, per esempio per pranzo, oppure è davvero finito il tempo che ho a disposizione per una pausa ora ritorno a studiare ecc... Più spesso però metto il mio status su occupato o addirittura su invisibile per continuare a fare quello che facevo prima, anche se poi non è che sia tanto importante.
Non so quanto sia interessante come intervento questo. Ma è una riflessione che ho fatto in questi giorni, visto che ho avuto numerosi esempi di chat simili. Non so quante persone leggono questo blog, anzi non so nemmeno se c'è qualcuno che lo legge veramente, ma mi piacerebbe sapere le esperienze di altri, così potrò integrare la mia "ricerca accademica" sui rapporti virtuali.

venerdì 23 novembre 2007

incomprensioni virtuali

Torno su questi schermi dopo più di un mese di silenzio in cui per motivi di studio e di lavoro non ho avuto molto da raccontare. Passavo e passo ancora intere giornate davanti al computer o comunque alla scrivania e nella mia vita c'è veramente poco altro.
Ieri però nonostante questa vita monotona è successo qualcosa che vale la pena raccontare. Qualcosa che ha concentrato l'attenzione per l'intera giornata.
Una mia carissima amica mi ha comunicato ieri mattina via sms che aveva passato il test di ammissione alla scuola di specializzazione per diventare insegnante di lettere. Ho seguito tutta la sua preparazione, le sue pene, le sue giornate di studio, perfino i suoi torcicolli. Dopo l'esame con lei ho atteso con ansia i risultati e quasi dopo un mese sono arrivati. Così quando ho saputo il risultato ho subito aperto una conversazione con lei su messenger per complimentarmi e per sentire come stava. Dopo qualche scambio di messaggi, lei mi dice, parole testuali: "ovvia ora vado a godere a letto". Io le rispondo "mi sembra una frase un po' equivoca". Così abbagliata da una frase del genere sbaglio a leggere la sua risposta a una mia domanda precedente "no sono sola". Io invece ero convinta di avere letto "non sono sola". Non mi aspettavo davvero che lei fosse capace di dire una cosa di questo genere.
Non che io non avrei approvato se lei e il suo ragazzo avessero festeggiato in quel modo una così bella notizia. Ma il modo in cui lei mi diceva quelle parole mi sembrava veramente offensivo. Così ho aspettato di vederla alle prove della commedia di cui entrambe siamo attrici per parlarle un po'. Le ho chiesto di non comunicarmi più cose del genere con quel tono. E le ho anche detto che non la giudicavo per quello che faceva col suo ragazzo, e perchè mai dovrei giudicarla poi!!) ma per il modo in cui mi aveva comunicato quelle cose.
Lei mi ha detto che non era assolutamente vero e che era piuttosto offesa del fatto che io potessi pensare una cosa del genere di lei. Mi ha anche detto che non si sarebbe più confidata con me su queste cose visto che pensavo simili cose di lei.
Per fortuna che dopo ci siamo chiarite, mi ha spiegato qual'era il senso del suo "non sono sola", perchè in verità era sola. Io le ho chiesto scusa infinite volte e meno male la cosa è finita bene.
Però tutto questo mi fa pensare quanto sia difficile il rapporto virtuale. Quanto sia difficile capirsi e facile prendere lucciole per lanterne.
Ci sono persone con cui l'unico rapporto che posso avere è quello virtuale, come Anne, Freddy, Camilla, Norris, Bhuman etc... Ma ci sono tante altre con cui posso rapportarmi faccia a faccia. E quanto è meglio! Sia dal punto personale che dal punto dei malintesi!!!

domenica 14 ottobre 2007

Dubliner for a week



Ci ho messo veramente tanto a scegliere la foto che descrivesse questo mio viaggio terminato pochi giorni fa. E in quelle foto ho rivissuto i momenti gioiosi di questa vacanza. L'Irlanda è un paese che non conoscevo assolutamente. Ne avevo sentito parlare da amici e parenti, ma erano racconti che io ascoltavo con poco interesse. Non so perché. Ora invece ho toccato con mano. Ho vissuto questo paese da turista, ovviamente, ma l'ho visto. Ho visto gli abitanti, le loro abitudini, i luoghi. Ho visto anche le persone di diversi paesi europei che cercano fortuna, lavoro, successo in questa bella capitale europea. Il mondo del lavoro irlandese sembra simile al vento che soffia lassù. Un vento forte, costante, un vento di cambiamenti. Se dopo 6 mesi non ti alzano lo stipendio cambi lavoro e te ne trovi uno meglio. In Italia invece questo vento si affievolisce fino ad essere quasi nullo. Non è che sia così esperta del mercato del lavoro. Anzi non ne sono esperta affatto visto che ufficialmente sono ancora studentessa. Ma ho ascoltato i racconti delle persone che ho incontrato là e, non lo so, forse ne varrebbe davvero la pena di prendere e andare lassù, tra nuvole, vento e pioggia a costruirsi una carriera. Di certo stimo tutti coloro che sono lassù, che riescono a vivere in quel paese che a un turista sembra bellissimo. Ma se guardi bene ci sono cose che sono difficili da accettare.
In centro ci sono delle vie, in particolare Grafton St. e Henry St., che sono zone pedonali. Piene di negozi. A tutte le ore del giorno e della notte queste strade sono piene di persone, di "professional shopper" che acquistano prodotti di scarsa qualità, che rendono impossibile un passaggio senza urtarsi l'un l'altro, che si scusano formalmente ma in realtà se ne sbattono se ti hanno maciullato un alluce con i loro tacchi a spillo. Queste persone, soprattutto il sabato e la domenica, assaltano i negozi come cavallette (espressione di Sara), tanto che se ci vai già verso le 11 del mattino non c'è un capo al suo posto. Nei negozi di vestiti tutto è buttato lì. Se mi provo una giacca non la rimetto nella gruccia ma la accatasto sulle altre. Se guardo come è fatta una magliettina, ma non mi piace la butto lì e chi se ne frega se poi casca in terra. L'effetto che mi fa è difficile da spiegare perchè non sono mai stata brava con le parole. Ma credo che la mia descrizione renda abbastanza l'idea.
Un'altra cosa che non riuscirò mai ad accettare è l'abuso di alcool. Non lo nego a me piace bere. Non sempre però. Ma ogni tanto mi capita di avere la percentuale di alcool sopra la media, anche se sempre con moderazione. Sembra strano che io mi stupisca così tanto dell'abuso di alcool in Irlanda dopo che sono sopravvissuta alle feste nel campus a Perth. Ebbene sì cari Mads, Raphael, Tim, Pat, Andy, voi non bevevate come i vostri colleghi irlandesi. O almeno non mi è mai capitato di vedervi nelle loro condizioni. Il sabato mattina capita normalmente di dover fare lo slalom tra il vomito dei frequentatori delle decine di locali di Dublino. Quando ci sei dentro questi locali devi stare attento a non farti rovesciare addosso tutti quei litri di Guinness che si bevono questi simpaticoni.
Ecco. Ho finito con la descrizione degli aspetti negativi, che forse sono stati influenzati dalla compagnia di Sara. Tutto il resto è una città bellissima, un popolo simpatico. Campagne piacevoli e rilassanti con quelle mucche, quelle pecore e quei muri a secco costruiti per far passare il vento dalle fessure. Le mitiche isole Aran della canzone di Fiorella Mannoia, lo strapiombo delle Cliffs of Moher, che a detta dei francesi è più alto della torre Eiffel. Ci sono tante altre cose che mi sono rimaste in mente, come il tono bassissimo di voce dei cittadini di Galway, o il croccantissimo Fish and Chips in un quartiere malfamato di Dublino. La prigione Kilmainham Gaol piena di storia e di orgoglio irlandese, o lo scorrere tempestuoso del fiume di Galway.
Di sicuro mi resteranno bei ricordi di questa vacanza. Sia per il paese che ho visitato, che per la persona che mi ha accompagnato e ospitato e che non finirò mai di ringraziare per questo. Ma dubito che potrei viverci per più di quanto ci ho vissuto. E questo a dire il vero mi spaventa.

sabato 29 settembre 2007

sì, viaggiare



Si parlava di viaggi, di città straniere, di persone che vanno e che vengono. Di chi preferisce rimanere a casa, di chi, a parte qualche breve vacanza, sa già quale sarà la propria casa, la propria famiglia tra 5, 10, 15 anni.
Anzi. Loro parlavano, io li ascoltavo. Mi sentivo lontana dai loro discorsi. Loro, qualche anno meno di me, tutti fidanzati da più di un anno, erano sicuri che sarebbero rimasti qui, in questa cittadina d'arte della toscana. "Ah per me e il mio ragazzo non ci sono problemi, vogliamo entrambi rimanere qui", "sì anche per me è lo stesso". Poi invece c'era un'altra coppia. Una coppia "mista". Lui non si smuove da qui. Quest'estate per la prima volta, all'età di 21 anni è andato all'estero, in Andalusia. Ma lo ha fatto per raggiungere la sua ragazza che era andata a studiare per qualche settimana lo spagnolo a Malaga. Altrimenti di sicuro sarebbe rimasto in Italia anche per le ferie. Tra di loro c'è sempre una discussione in corso su ciò che vorranno fare in futuro, tra le voglie di viaggi di lei, e le voglie di casa di lui. Anche questo deve essere un rapporto difficile, si vogliono bene, si vede benissimo. Ma sono completamente diversi l'uno dall'altro, e chissà che le differenze non li allontanino prima o poi. Io spero davvero di no, per tutti e due. Perchè ognuno ha qualcosa da imparare dall'altro.
Poi al tavolo c'ero io. Io, che non ho mai avuto un ragazzo serio. Io, che forse proprio per questo motivo mi sono lanciata in un corso di studi e una carriera che mi porteranno per necessità ad andare lontano. Io, che all'età di 17 anni prendevo un aereo per l'America. Io, che ho girato il mondo e che all'età di 25 anni posso dire di aver visitato tutti i continenti tranne l'Africa (anche se in Asia ho fatto solo scalo). Io, che posso dire di aver baciato ragazzi di tutti i continenti tranne l'Africa (che divertimento fare il conto!!). Avrei fatto tutto questo se avessi avuto una persona accanto? Oppure avrei preferito un villaggio vacanze a Tropea, o addirittura una casa al mare a Follonica? Avrei potuto conoscere Anne, Freddy, Franzi, Camilla, Bhuman, Lisa, Norris, Raphael, e tutte quelle persone a cui ho voluto bene in Australia? Forse, no. Forse per me sarebbe stato troppo difficile e allora mi sarei arresa subito, senza nemmeno provarci.
Mi rendo conto di tutte queste cose ora, dopo che per anni ho invidiato i miei amici innamorati. Io fin'ora ho sempre premuto il tasto del "sì, viaggiare", chissà se prima o poi inconsciamente riuscirò anche a premere quello del "sto con il mio ragazzo". Anche se non so fino a che punto questo dipende da me.

martedì 18 settembre 2007

paura del passato


Ritornano le giornate corte, ritorna la luce della sera quando esco dalla lezione con Lorenzo e Mauro, ritorna ascoltare CATERPILLAR su radio2. Ritornano i tanti impegni del dopocena. Ritorna spinning in palestra con tutti i personaggi che affollano i suoi spogliatoi. Poccianca ecc... Ritorna tutto quello che faceva parte della mia vita prima dell'estate. Alcune cose se ne sono andate, sono finite, per fortuna. Non c'è più quel pazzo studio per i finali, non c'è più nemmeno quell'ansia che non ti lascia mai, sta lì latente e non ti fa respirare mai a pieni polmoni. Altre cose si sono aggiunte. Come Chiara, un anno e mezzo, e Giulio, 5. I lunedì e venerdì pomeriggio passati insieme a loro a rincorrerli nel bel parco di casa loro.
Ma stasera mi ha invaso una sensazione strana. Tutte queste cose che ritornavano erano più forti delle cose che sono finite o che sono nuove. Tornavo a casa e avevo la sensazione di essere tornata indietro. Ciò di cui ho più paura al momento è di tornare a sentire per Raphael la stessa cosa che sentivo qualche mese fa. Ci sono voluti mesi per liberarmi dal ricordo che avevo di lui. E adesso ritornare al computer la sera aspettando di trovarlo su Messenger mi fa sentire come delle catene attorno al collo. Non mi sento ancora forte a tale proposito, per questo ho paura di tornare a stare male quanto lo sono stanta nei mesi scorsi.
A chi mi chiedesse come sto davvero ora la risposta sarebbe veramente difficile. Io ho sempre cercato una vita impegnata. Ho sempre cercato attività diverse da fare. Al momento le ho. Ogni giorno dedico un po' di tempo alla tesi, al lavoretto (che sia da babysitter o insegnante di inglese), agli impegni della Gi.Fra, o della parrocchia, agli amici. Ma mi accorgo che tutto questo non mi da felicità, occupa solo la mia mente per grandi fette della giornata. Mi riempie non la cuore ma la mente. Tuttavia se dovessi chiedere qualcosa a un immaginario genio della lampada non saprei davvero cosa chiedere. La felicità piena non so da cosa potrebbe provenire. Mi lascio quindi sorprendere, aspetto fiduciosa, con il sorriso che comunque riesco a mantere per tutti, come mi è stato già detto. Lascio anche qui un mio piccolo sorriso. :-)

martedì 11 settembre 2007

Una pausa dallo studio

Mi sto prendendo una pausa dallo studio, e sto anche cercando di prendermi una pausa da quell'atmosfera di tensione che ormai domina in casa mia. Quando ce la dimentichiamo, durante i pranzi, o come ieri sera guardando "Un posto al sole", si sta anche bene in casa. Ma stamani non è stato per niente facile. Io cerco di farmi i fatti miei, di evitare gli scontri e sorridere nella misura del possibile. Ma quando sono gli altri a cercare lo scontro cosa devo fare? Per di più mi si accusa anche di contribuire alla tensione che c'è già. Io non faccio niente per crearla ma non riesco a subire, senza riattaccare, quando qualcuno, in qualche modo mi attacca. Sarà un mio difetto ma proprio non mi riesce.
Ecco la mia mattinata è stata rovinata. Forse dietro a quella che chiamo tensione ci sono così tante storie dietro. Così tante sofferenze lontane, gelosie, rimorsi. Tutto quello che è successo si è accumulato con gli anni in silenzio ed ora è così grande che non riusciamo a dimenticare, ma nemmeno ad affrontare il problema, anzi i problemi.
A volte mi chiedo se questa è la vita di ogni famiglia. Se ogni famiglia vive gli stessi drammi... Dall'esterno sembriamo tutti così felici, sorridenti, soddisfatti. Poi nessuno scoprirà, dall'esterno, cosa ci sta dietro a quei drammi, non sapremo mai. Ma forse è un po' l'invidia che mi spinge a sperare che ognuno abbia di questi problemi, che debba affrontare i problemi della vita, della convivenza ecc...
Non credo che il sentimento di invidia che provo sia un sentimento positivo per me e per la mia crescita interiore. Ma almeno mi accorgo della sua presenza. E soprattutto mi accorgo che nutro invidia non solo per le persone estranee che sembrano felici ai miei occhi, ma anche per tanti altri intorno a me. Forse è proprio questa invidia che mi impedisce di migliorare me stessa, considerando veramente chi sono io rispetto al mondo circostante.

venerdì 7 settembre 2007

E' Difficile!!!

Scrivere su un blog è difficile! Porca miseria se è difficile. Scrivere bene è difficile, dire quello che si ha dentro è difficile. Soprattutto se si ha due esempi come quelli che ho io a cui fare riferimento. Soprattutto se questi due esempi, queste due persone che in qualche modo hanno lasciato una traccia nella mia vita, attraversano periodi difficili o addirittura difficilissimi. Soprattutto se i loro cuori vengono stravolti da infinite sensazioni diverse. Soprattutto se vedi che entrambe hanno un obbiettivo da perseguire, una meta che si sono prefisse.
A confronto con loro io sembro una statua di ghiaccio. Gli unici sentimenti che provo sono quando mi sveglio la mattina e vedo una bellissima giornata di sole come quella di oggi. Ovvio provo anche dei sentimenti nei confronti della mia famiglia a cui vorrò sempre bene, ma oltre a quello??
Io sono un'enterna single. Fino a qualche tempo pensavo che questo dipendesse dagli altri, dal fatto che non riuscivo a piacere a nessuno. Ultimamente invece mi sto convincendo che io non sono capace di stare accanto a nessuno. Che per quanto mi piacerebbe avere una persona, non so fino a che punto sarei capace davvero di amare. Cosa vuol dire amare? Come si può provare un sentimento di questo tipo? Come ci si arriva? Per qualche settimana mi è piaciuto un ragazzo a cui insegno inglese, ma dopo poco mi sono stancata di spingere per costruire qualcosa insieme a lui. Mi arrendo tanto facilmente che dubito veramente che sarò mai capace di amare qualcuno. Stamani dalla parrucchiera c'era un parrucchiere giovane, moro, con dei pantaloni neri aderenti. Io mi sono innamorata dei suoi tatuaggi, del suo sedere rotondo e del fisico atletico e curato che i vestiti lasciavano intendere. Ma se mi si fosse avvicinato e mi avesse chiesto di andare a prendere un caffè insieme io cosa avrei fatto? Molto probabilmente mi sarei allontanta, allarmata, rinchiusa nel guscio che da anni ormai mi protegge. Quel guscio che mi ha fatto innamorare di due persone che stanno dall'altro capo del mondo e che quindi per definizione non potevo amare davvero.
Allora qual'è la mia meta? La loro meta, quella delle mie due blogger preferite è stare bene, trovare un equilibrio da una parte e superare un enorme trauma fisico e psicologico dall'altra. Io mi sono resa conto di non avere una meta. Di non essere in cerca di niente, se non la fine dell'università, un lavoro e un'indipendenza economica. E gli altri dove sono? Come posso farli entrare in questo mio mondo così chiuso e solitario che forse avrebbe davvero bisogno di un po' di compagnia?

mercoledì 5 settembre 2007

primo intervento


Stamani mi sono svegliata con la sveglia, alle 8 di mattina, con la voglia e l'intenzione di studiare almeno un ora e mezzo. Di leggere quel bellissimo romanzo che ora sto cominciando ad odiare, di sottolineare e ricopiare le parti più interessanti e catalogarle sotto voci come: NATURA, ACQUA, COLONIZZAZIONE, PAROLE NON TRADOTTE, INGLESE INDIANO, MARE ecc... Ma leggendo l'ultimo bellissimo post di una mia amica mi è venuta voglia di trovare uno spazio per me in questo immenso mare di internet. A dire il vero un posto ce l'ho già, è il mio live spaces. Ma quello non è un posto semisegreto, tutti i miei amici e conoscenti vedono ,leggono, commentano. Qui invece sono io, di nascosto... Chi mi vorrà trovare mi troverà, chi saprà cercare mi troverà. I lettori, se ci saranno, saranno piuttosto, sconosciuti, casuali, ignoti. E preferisco così. Preferisco raccontare cose nascoste dentro di me da tempo a persone ignote. Come quel sogno che ho fatto stanotte. Per l'ennesima volta ho sognato di prendere un aereo con destinazione Brasilia. Quel luogo è lì e non scappa, non abbandona la mia mente e quella persona che vive lì non abbandona il mio cuore anche se si avvicina inesorabilmente il 21 di ottobre quando sarà un anno che non lo vedo. Ecco, già ho raccontato una cosa così personale che non avrei il coraggio di dirla a nessuno. E forse davvero non la dico a nessuno, ma almeno lo lasciata scritta qui, in questa sorta di diario segreto ma aperto a tutti, sperando che il raccontare e lo scrivere mi aiutino finalmente a liberarmi di una sensazione che una volta era bella, ora è solo diventata un peso per andare avanti.
Chissà!